sabato 27 aprile 2013

Parole..




Se cadi, rialzati sempre.
Se ti feriscono, curati.
Se ti insultano, diventa come plastica e lascia che tutto ti scivoli addosso, non contro e non vergognarti di quello che sei, perché significherebbe perdere te stesso.
Se sei solo, lascia stare gli altri perché lo saranno altrettanto prima o poi, tu prosegui per la tua strada.
Se perdi un amico, ricordatene per i momenti belli che avete passato insieme, non per quello che siete diventati ora.
Se un giorno, ti dovesse crollare il mondo sotto i piedi, non rassegnarti: prendi i cocci e ricostruiscilo meglio di prima.

Se pensi che tutto vada male, ricordati che qualcuno, anche solo un genitore, è lì con te....vedi sempre il bicchiere mezzo pieno, perché sappi che fa più male quando poi lo tiri dietro alla gente!  


Perché in fondo...sognare comporta anche risvegliarsi poi in una realtà che si preferirebbe non accettare ed è lì, che devi portare tutte le cose belle imparate la notte.


Una mia piccola invenzione, in un periodo un po' no dove leggere e scrivere mi aiuta a svegliarmi la mattina con un sorriso al posto delle lacrime che vorrei versare...questo è il mio motto ormai: IL BICCHIERE DEV'ESSERE PIENO! 
Che ne pensate? =)



venerdì 26 aprile 2013

Cosa state leggendo?

E quando ti annoi e non sai cosa fare, ti fai i fatti degli altri.
Ma prima racconti i tuoi.
Buonasera sognatori! Dopo questa inutile premessa andiamo dritti al punto. Cosa state leggendo? E cosa leggerete durante questa lunghissima (si spera) estate?

Io ho da poco finito Harry Potter e la camera dei segreti per la trentaquattresima volta, visto che dopo aver letto Il seggio vacante mi è venuto un attacco di nostalgia. La Rowling è DIO, CASO CHIUSO. Anyway, ora sto' leggendo contemporaneamente:

    

Nessuno dei tre mi sta' particolarmente prendendo, anzi, forse Città di Ossa mi sta' prendendo abbastanza anche se mentre leggo mi faccio mentalmente la lista delle cose non sense, e delle vaghe somiglianze a Harry Potter che ci trovo, e non sono poche.
Quest'estate ho intenzione di leggere qualche libro di Anne Rice visto che è considerata la Regina del gotico, poi leggerò L'aiuto di Kathryn Stockett, Il cavaliere d'inverno della Simmons, e uff una caterva di altri libri. Che estate impegnativa che avrò. Voglio anche cominciare a fare jogging la mattina presto, ammesso che riesca a buttarmi giù dal letto da solo, e prendere lezioni di chitarra visto che ne ho una e non la so suonare.
Ma pensando al presente, sarà meglio che metta la testa sui libri di scuola.
Quindi, e voi? Cosa sta leggendo ora e cosa leggerete in vacanza? E anche, cosa farete durante le vacanze?

A presto!
Micky.


giovedì 11 aprile 2013

**If you can dream it...** #1: La Bella e la Bestia

Buonasera, e benvenuti al primo post- sento un coro di "finalmente" :P-sull'immersione nell'infanzia, dedicato ad uno degli intramontabili classici Disney e che rimarrà per sempre il mio preferito:
Penso ci siano diversi motivi che si possono attribuire alla mia preferenza per questo cartone: primo fa tutti, mi identifico molto in Belle, con la sua passione per la lettura, la capacità di immedesimarsi completamente nella storia e diventare lei stessa i personaggi. In secondo luogo, il messaggio chiave del film: saper guardare oltre le apparenze. E' un argomento che mi è sempre stato molto a cuore e chissà che non sia stato proprio questo capolavoro a suggerirmelo! Ultimo, ma non certo per importanza, la storia in sè. Diciamocelo: chi una volta nella vita non ha sognato di essere una principessa Disney, che fosse Belle o meno? Certo, un po' meno essere rapita da una bestia spaventosa, forse...ma in compenso ha ottenuto una colossale biblioteca ;)
Senza altri indugi, andiamo ad immergerci nella storia...


TITOLO ORIGINALE: Beauty and the Beast
PAESE DI PRODUZIONE: USA
ANNO: 1991
DURATA: 88 minuti (edizione originale)
TRAMA: Una fata travestita da vecchia mendicante offre a un giovane principe una rosa rossa in cambio di un riparo per la notte. Quando lui la allontana maleducatamente per il suo brutto aspetto, lei lo punisce trasformandolo in un'orrenda bestia e tramutando i suoi servi in mobili e altri oggetti domestici. La fata dà alla Bestia uno specchio magico che gli permetterà di vedere luoghi lontani, e la rosa, che rimarrà fiorita fino al suo ventunesimo compleanno. Egli deve amare ed essere amato a sua volta prima che tutti i petali cadano, o rimarrà una Bestia per sempre.
Belle è una giovane donna che vive in un villaggio con il padre Maurice, un bizzarro inventore. Belle
ama la lettura e sogna una vita avventurosa al di là del piccolo villaggio. La ragazza è perseguitata dall'eroe locale, Gaston ma, trovandolo superficiale ed arrogante, non ha alcun interesse per lui nonostante sia l'uomo più bello del paese, desiderato da tutte le ragazze e considerato la perfezione da parte di tutti gli abitanti del villaggio.
Un giorno, Maurice dedice di partire per una feria per mostrare la sua ultima invenzione, e lascia la casa in custiodia a Belle. Purtroppo, o per fortuna, si perde nei boschi e, inseguito dai lupi, si rifugia proprio nel macabro castello della Bestia, dove viene imprigionato. 
Venuta a conoscenza di quanto è successo, Belle decide di andare a salvarlo, offrendosi lei stessa come prigioniera in cambio del padre. 
Nonostante l'inizio non sia dei più facili, Belle e la Bestia presto cominciano a sviluppare qualcosa di più della semplice amicizia.



I PERSONAGGI:

Belle: una giovane donna amante dei libri, che si innamora della Bestia e trova l'umano di buon cuore
nascosto in lui.


La Bestia: un principe dal cuore freddo trasformato in una bestia come
punizione per il suo egoismo e destinato, con l'aiuto di Belle, a ritrovare la sua umanità e ritornare ad essere il bellissimo principe che era.




Gaston: un arrogante cacciatore, l'uomo più affascinante e perfetto del villaggio, che anela a sposare Belle nonostante questa lo disprezzi.



Lumière: il maitre del castello, trasformato dal sortilegio in un
candelabro.
Tockins: l'efficiente maggiordomo del castello, sempre ligio al dovere e alle regole e profondamente fedele alla Bestia, benchè gli altri servitori non gli diano granchè credito, trasformato dal sortilegio in un orologio a pendolo.




Mrs. Bric: la governante del castello, che si affeziona moltissimo a Belle e l'unica che non ha timore di far
notare alla Bestia i suoi errori, trasformata dall'incantesimo in una teiera.
Chicco: il figlio di Mrs. Bric, farà immediatamente amicizia con Belle e la riporterà al castello per fermare la brutale avanzata di Gaston, trasformato in una tazzina.
 

Maurice: il padre di Belle, un bizzarro inventore.





 LE CANZONI

  • La Canzone di Belle (Belle)
  • La Canzone di Gaston (Gaston)
  • Stia con noi (Be our guest)
  • Uno sguardo d'amore (Something there)
  • Di nuovo umani (Human again) (presente solo nella nuova edizione)
  • La Bella e la Bestia (Beauty and the Beast)
  • Attacco al castello (The Mob song)
  • La Bella e la Bestia (reprise finale)
 LA FIABA ORIGINALE

Sono una grandissima appassionata di fiabe- pur non avendo effettivamente mai letto un libro a proposito- ma curiosando su internet, ho trovato la fiaba originale da cui questo splendido capolavoro è ispirato e modificato.
L'autrice è Jeanne- Marie Leprince de Beaumont, scrittrice francese vissuta nel 1700, divenuta celebre per la pubblicazione di numerosi racconti per l'infanzia.
Di seguito, trovate la fiaba originale, data 1756 e tradotta da Carlo Collodi!

"C'era una volta un mercante che era ricco sfondato. Aveva sei figliuoli, tre maschi e tre femmine; e siccome era un uomo che sapeva il vivere del mondo, non risparmiò nulla per educarli e diede loro ogni sorta di maestri. Le sue figlie erano bellissime: la minore soprattutto era una maraviglia, e da piccola la chiamavano la bella bambina, e di qui le rimase il soprannome di Bella, che fu poi cagione di gran gelosia per le sue sorelle.
Questa figlia minore, oltr'essere la più bella, era anche la più buona delle altre.
Le due maggiori, perché erano ricche, avevano molto fumo; si davano l'aria di grandi signore, e non gradivano la compagnia delle figlie degli altri negozianti, ma se la dicevano soltanto col nobilume.
Andavano dappertutto: ai balli, alle commedie, alle passeggiate; e si ridevano della sorella minore, perché spendeva una gran parte del suo tempo nella lettura dei buoni libri.
E perché si sapeva che erano molto ricche, parecchi negozianti, di quelli grossi davvero, le chiesero in mogli; ma la maggiore e la seconda dissero chiaro e tondo che non si sarebbero mai maritate, se non fosse capitato loro un Duca o a dir poco un Conte.
La Bella (oramai vi ho detto che questo era il nome), la Bella, dunque, ringraziò con molta buona maniera coloro che volevano sposarla: e disse che era troppo giovane e che voleva tener compagnia ancora per qualche anno al suo genitore.
Quand'ecco che tutto a un tratto il mercante fece un gran fallimento e non gli rimase altro che una piccola casa assai lontana dalla città. Disse allora ai suoi figli, colle lacrime agli occhi, che bisognava rassegnarsi e andare ad abitare in quella casetta dove, mettendosi tutti a fare i contadini, avrebbero potuto campare e tirarsi avanti.
Le due ragazze più anziane risposero che non volevano saperne nulla di lasciare la città, dov'avevano molti amanti, ai quali non sarebbe parso vero di poterle sposare, anche senza un soldo di dote.
Ma le povere figliuole s'ingannavano all'ingrosso perché, quando furono povere, tutti i loro amanti girarono largo. E siccome, a motivo della loro superbia, non erano in generale ben vedute, cosi dicevano tutti: "Non meritano compassione: è giusta che abbiano dovuto ripiegare le corna; che vadano ora a fare le grandi signore dietro le pecore e i montoni!".
Ma nel tempo stesso tutti dicevano: "Quanto alla Bella, ci rincresce proprio della sua disgrazia: è una gran buona figliuola! è così alla mano coi poveri, e tanto amorosa e gentile!".
Ci furono fra gli altri parecchi gentiluomini che la volevano sposare, sebbene non avesse più un soldo di dote: ma essa disse che non sapeva risolversi a lasciare il suo povero padre nella disgrazia, e che sarebbe andata con lui fra i campi, per consolarlo e dargli una mano nelle fatiche.
La povera Bella, da principio, era rimasta molto male dell'aver perduto ogni ben di fortuna; ma poi si consolò col dire fra sé e sé: "Quand'anche mi struggessi dal pianto, non varrebbe a farmi ricattare quello che ho perso: dunque è meglio cercare di essere felici, anche senza un centesimo in tasca".
Appena arrivati alla casa di campagna, il mercante e le sue tre figlie si dettero subito a lavorare i campi.
La Bella si alzava la mattina alle quattro, avanti giorno, e si dava il pensiero di ripulir la casa e di preparare la colazione e il desinare per la famiglia.
Sul primo ci pativa un poco, perché non era avvezza a strapazzarsi come una serva: ma di lì in capo a due mesi si fece più robusta e, faticando tutto il giorno, acquistò una salute di ferro.
Quando aveva finite le sue faccende, si metteva a leggere o a suonare la spinetta: o anche canterellava e filava.
Le sue sorelle, invece, s'annoiavano da non averne idea: si levavano alle dieci della mattina, girellavano tutto il giorno e trovavano una specie di svago a rimpiangere i bei vestiti e la bella società di una volta.
"Guarda un po'", dicevano fra loro, "come è stupida la nostra sorella minore: e che caratteraccio triviale ! Essa è contenta come una pasqua di trovarsi nella sua disgraziata condizione!..."
Ma il buon mercante non la pensava così. Egli sapeva che Bella aveva molto più garbo delle sue sorelle a fare spicco in società: e ammirava la virtù di questa giovinetta e segnatamente la sua rassegnazione; perché bisogna sapere che le sue sorelle, non contente di buttare addosso a lei tutte le faccende della casa, la punzecchiavano continuamente con mille parole insolenti.
Era corso un anno dacché questa famiglia viveva lontana dalla città, quando il mercante ebbe una lettera nella quale gli si diceva che un bastimento, carico di mercanzie, di sua proprietà, era arrivato felicemente!
Ci scattò poco che questa notizia non facesse dar la balta al cervello alle due ragazze maggiori, le quali speravano così di poter lasciare la campagna, dove morivano dalla noia: e quando videro il padre sul punto di partire, lo pregarono che portasse loro dei vestiti, delle mantelline, dei cappellini e altri gingilli di moda.
La Bella non gli chiese nulla, perché aveva già capito che tutto il valsente delle merci arrivate non sarebbe bastato a contentare i capricci delle sue sorelle.
"E tu non vuoi che ti compri nulla?", le disse suo padre.
"Poiché siete tanto buono da pensare a me", ella rispose, "fatemi il piacere di portarmi una rosa: che in questi posti non ci fanno."
Non vuol dir già che alla Bella premesse la rosa: ma lo fece, per non criticare col suo esempio la condotta delle sorelle; le quali avrebbero detto che non chiedeva nulla, per farsi distinguere e dar nell'occhio.
Il buon uomo partì, ma appena giunto, ebbe a sostenere un processo a causa delle sue mercanzie: e dopo mille seccature, se ne tornò indietro più povero di prima.
Gli restavano da fare non più di trenta miglia per arrivare a casa, e già si consolava nel pensiero di rivedere la sua famigliola; ma dovendo traversare un gran bosco, si smarrì e perdé la strada.
La neve fioccava da far paura, e soffiava un vento così strapazzone, che lo gettò per due volte giù da cavallo. Venuta la notte, egli cominciò a credere di dover morire o di fame e di freddo, o divorato dai lupi, che si sentivano urlare a poca distanza.
Quando a un tratto, nel voltar l'occhio verso il fondo di una lunga sfilata d'alberi, vide una gran fiamma che pareva lontana lontana.
S'avviò da quella parte, e poté distinguere che quella luce usciva da un gran palazzo, che era tutto illuminato.
Il mercante ringraziò il cielo del soccorso mandatogli e si affrettò per giungere a questo castello; ma rimase grandemente stupito di non trovarci anima viva.
Il suo cavallo, che gli andava dietro, avendo visto una bella scuderia aperta, entrò dentro; e trovatovi fieno e biada, il povero animale, che moriva di fame, vi si buttò sopra con grandissima avidità.
Il mercante lo legò alla greppia: e s'avviò verso la casa, dove non trovò nessuno. Ma entrato che fu in una gran sala, vi trovò un bel fuoco acceso, una tavola apparecchiata e con molte pietanze: ma c'era una posata sola.
Essendo bagnato fino al midollo dell'ossa, per la neve e la molt'acqua che aveva preso, si avvicinò al fuoco per asciugarsi, dicendo fra sé: "Il padrone di casa e i suoi domestici mi scuseranno della libertà che mi prendo! Sono sicuro che staranno poco ad arrivare".
Aspetta, aspetta e nessuno veniva: finché suonarono le undici e ancora non s'era visto alcuno. Allora non potendo più stare alle mosse, dalla gran fame prese un pollastro e, tremando dalla paura, lo mangiò in due bocconi.
Bevve anche qualche sorso di vino, e messo su un po' di coraggio, uscì dalla sala e traversò molti quartieri splendidamente tappezzati e ammobiliati. Alla fine trovò una camera dove c'era un buon letto: e perché era mezzanotte suonata e si sentiva stanco morto, prese il partito di chiuder l'uscio e di coricarsi.
La mattina dopo si svegliò verso le dieci: e figuratevi come rimase, quando trovò un vestito molto decente nel posto dove aveva lasciato il suo, che era tutto logoro e cascava a pezzi.
"Si vede bene", egli disse, "che in questo palazzo ci sta di casa qualche buona fata, che si è mossa a compassione di me."
Si affacciò alla finestra e non vide più un filo di neve, ma pergolati di bellissimi fiori, che innamoravano soltanto a guardarli.
Ritornò nella gran sala, dove la sera avanti aveva cenato e vide una piccola tavola, con sopra una chicchera e un vaso di cioccolata.
"Grazie tante", diss'egli a voce alta, "grazie tante, signora fata, della garbatezza di aver pensato alla mia colazione."
Il buon uomo, quand'ebbe preso la cioccolata, uscì per andare dal suo cavallo; e passando sotto un pergolato di rose si ricordò che la Bella gliene aveva chiesta una, e staccò un tralcio dove ce n'erano parecchie bell'e sbocciate.
In quel punto stesso sentì un gran rumore e vide venirsi incontro una bestia così spaventosa, che ci corse poco non cascasse svenuto:
"Voi siete molto ingrato", disse la Bestia con una voce da far rabbrividire, "vi ho salvata la vita accogliendovi nel mio castello, e in ricambio voi mi rubate le mie rose, che è per l'appunto la cosa che io amo soprattutto in questo mondo. Per riparare al mal fatto non vi resta altro che morire: vi do tempo un quarto d'ora per chiedere perdono a Dio".
Il mercante si gettò in ginocchio e a mani giunte prese a dire alla Bestia:
"Monsignore, perdonatemi: non credevo davvero di offendervi a cogliere una rosa per una delle mie figlie, che me l'aveva domandata".
"Non mi chiamo Monsignore", rispose il mostro, "ma Bestia. I complimenti non fanno per me; io voglio che ognuno parli come la pensa: per cui non vi mettete in capo d'intenerirmi colle vostre moine. Mi avete detto che avete delle figliuole: ebbene, io potrò perdonarvi a patto che una di codeste figliuole venga qui a morire volontariamente nel posto vostro. Non una parola di più; partite, e caso le vostre figlie ricusassero di morire per voi, giurate che dentro tre mesi ritornerete."
Quel pover'uomo non aveva punta intenzione di sacrificare alcuna delle sue figlie al brutto mostro, ma pensò dentro di sé: "Non foss'altro avrò almeno la consolazione di poterle abbracciare un'altra volta".
Fece giuro di tornare, e la Bestia gli disse che poteva partire a piacer suo. "Ma non voglio", soggiunge, "che tu debba andartene colle mani vuote. Ritorna nella camera dove hai dormito; ci troverai un gran baule vuoto; ché io penserò a fartelo portare fino a casa."
Detto questo, la Bestia se ne andò, e il buon uomo disse fra sé e sé: "Almeno, se ho da morire, potrò lasciare un boccon di pane a' miei poveri ragazzi".
E tornò nella camera dove aveva dormito, e avendovi trovato delle monete d'oro a corbellini, ne empì il baule, di cui gli aveva parlato la Bestia: quindi lo chiuse, e ripreso il cavallo lasciato nella scuderia, uscì dal palazzo con tanto malessere addosso, quanta era la gioia colla quale vi era entrato. Il cavallo prese da sé uno dei viottoli della foresta, e in poche ore il buon uomo arrivò alla sua casetta. I suoi figli gli furono tutti d'intorno: ma invece di mostrarsi lieto alle loro carezze, il mercante li guardava e gli cascavano i lacrimoni dagli occhi. Egli aveva in mano il tralcio di rose, che portava a Bella: e nel darglielo, disse: "Bella, pigliate queste rose: ma costeranno molto care al vostro povero padre!".
E così raccontò alla famiglia il brutto caso che gli era capitato.
A quella storia le due sorelle maggiori si messero a berciare e dissero mille cosacce a Bella, la quale non piangeva né punto né poco.
"Ecco le conseguenze", esse dicevano, "dell'orgoglio di questa monella: perché anche lei non fece come noi e non chiese dei vestiti? Nient'affatto! la signorina voleva distinguersi. E ora è lei la cagione della morte di suo padre e non se ne fa né in qua né in là."
"Sarebbe inutile", soggiunse Bella, "e perché dovrei piangere la morte di mio padre? Egli non morirà una volta che il mostro si contenta di accettare in cambio una delle sue figlie; io voglio mettermi in balìa del suo furore: e sono molto felice, perché così potrò avere la contentezza di salvare il padre mio e di provargli il gran bene che gli ho sempre voluto."
"No, sorella mia", le dissero i suoi tre fratelli, "tu non morirai: noi anderemo a trovare il mostro, e periremo sotto i suoi colpi, se non saremo buoni di ucciderlo."
"Non lo sperate, ragazzi miei", disse loro il mercante, "la potenza di questa Bestia è così sterminata, che non c'è caso di poterla uccidere. Mi fa una vera consolazione il buon cuore di Bella: ma non voglio mandarla a morire. Io son vecchio; non mi resta che poco tempo da vivere; così, male che vada, posso scorciarmi di qualche anno la vita; cosa che non rimpiango punto, perché lo faccio per amor vostro, miei cari figliuoli."
"Vi do la mia parola, padre mio", disse Bella, "che voi non anderete a quel palazzo, senza di me: voi non mi potete impedire di seguirvi. Sebbene giovane, io non sono molto attaccata alla vita, e preferisco esser divorata da quel mostro, che morire dalla pena che mi farebbe la vostra perdita."
Ebbero un bel dire, ma la Bella volle a ogni costo partire anche lei per il palazzo del mostro; e alle sorelle non parve vero, perché si rodevano di gelosia per le belle doti della sorella minore. Il mercante era così stonato dal dolore di dover perdere la figlia, che non gli passò per il capo neppure il baule che egli aveva riempito di monete d'oro.
Ma appena fu in camera restò grandemente stupito di trovarlo al piè del letto. Risolvette di non dir nulla in casa di essere diventato ricco, per paura che le figlie si mettessero in testa di voler tornare in città, mentre egli aveva fatto conto di voler morire in quella campagna. Peraltro confidò il segreto a Bella, la quale gli raccontò come nel tempo che era stato lontano, alcuni gentiluomini fossero venuti per casa e come, fra questi, ve ne fossero due che amoreggiavano colle sue sorelle. Si raccomandò al padre che le maritasse; perché essa era tanto buona di cuore, che le amava tutte e due, e perdonava loro tutto il male che le avevano fatto.
Quelle due cattive si strofinarono gli occhi colla cipolla per farsi venire i lucciconi, al momento che Bella partì con suo padre: ma i fratelli piangevano davvero: e anche il mercante. La sola che non piangesse era Bella, la quale non voleva inciprignire il dolore di tutti gli altri.
Il cavallo prese la via del palazzo, e sul far della sera cominciarono di lontano a vederlo illuminato, tale e quale come la prima volta.
Il cavallo andò da sé solo nella scuderia: e il buon uomo entrò con sua figlia nella gran sala, dove trovarono una gran tavola magnificamente apparecchiata per due.
Il mercante non sapeva da che verso rifarsi per mangiare; ma la Bella, sforzandosi di parer tranquilla, si messe a tavola e lo servì: poi diceva dentro di sé:
"Capisco bene che la Bestia vuole ingrassarmi prima di far di me un boccone! me n'accorgo dalla maniera con cui mi tratta".
Quand'ebbero cenato, udirono un gran fracasso e il mercante, colle lagrime agli occhi, disse addio alla sua povera figlia, perché sapeva che la Bestia era lì lì per arrivare. "Davvero che siete molto buona", disse la Bestia, "e io vi sono riconoscentissimo. Buon uomo! domani partirete, e Dio vi guardi dal tornare in questo luogo. Addio, Bella."
"Addio, Bestia", ella rispose.
E il mostro sparì.
"Oh ! figlia mia", disse il mercante abbracciandola e baciandola, "io son mezzo morto dalla paura. Fai a modo mio; lasciami morir qui."
"No, padre mio", rispose la Bella con fermezza, "voi partirete domani mattina, e mi abbandonerete all'aiuto del cielo. Il cielo forse avrà compassione di me!..."
L'uno e l'altro andarono a letto, coll'idea che in tutta la notte non sarebbero stati buoni a chiudere un occhio, ma invece, appena si furono coricati nei loro letti, si addormentarono come ghiri. E la Bella vide in sogno una Regina, la quale le disse:
"O Bella, io son contenta del vostro buon cuore. La nobile azione che fate, dando la vita per quella di vostro padre, non rimarrà senza premio".
Quando la Bella si svegliò, raccontò il sogno a suo padre, e sebbene questa cosa lo rinfrancasse un poco, non bastò peraltro a trattenerlo dal dare in grandissimi pianti, quando gli fu forza staccarsi dalla sua figlia adorata.
Partito che fu, la Bella andò a sedersi nella gran sala; e anche essa cominciò a piangere; ma essendo molto coraggiosa, si raccomandò a Dio e fece conto di non darsi tanto alla disperazione per quel poco di tempo che le restava ancora da vivere: perché ella credeva fermamente che la Bestia sarebbe venuta a mangiarla nella serata.
Intanto, mentre aspettava, pensò bene di girare e di visitare il castello, del quale non poteva starsi dall'ammirare le grandi bellezze.
E figuratevi se rimase a bocca aperta, quando vide una porta sulla quale c'era scritto: Quartiere della Bella. Aprì in fretta e in furia questa porta e fu abbagliata dalle magnificenze che vi erano dentro; ma ciò che maggiormente la colpì, fu la vista di una gran biblioteca, di un clavicembalo e di molti quaderni di musica.
"Si vede proprio che non vogliono che io mi annoi", disse fra sé e sé; quindi pensò:
"Se io dovessi albergare qui un giorno solamente, non mi avrebbero ammannito tutte queste belle cose".
Questo pensiero rianimò il suo coraggio. Ella aprì la biblioteca e vide un libro sul quale era scritto a lettere d'oro: "Desiderate e comandate; voi siete qui signora e padrona!..."
"Meschina me!", diss'ella, "io non ho altro desiderio che di vedere il mio povero padre e di sapere che cos'è di lui in questo momento! "
Queste parole le aveva dette dentro di sé, ma quale non fu il suo stupore, quando gettando gli occhi sopra uno specchio, vi mirò la sua casa, e per l'appunto in quel momento in cui vi giungeva suo padre con un viso da far pietà. Le sue sorelle gli andavano incontro; e malgrado le smorfie che facevano per parere afflitte, mostravano sul viso e a fior di pelle la contentezza provata per la perdita della loro sorella. Dopo un minuto sparì ogni cosa, ma la Bella non poté far di meno di pensare che la Bestia era molto compiacente, e che non aveva nulla da temere da essa.
A mezzogiorno trovò la tavola bell'e apparecchiata: e durante il pranzo udì un'eccellente musica, senza che potesse vedere alcuno.
La sera mentre stava per mettersi a tavola, sentì il fracasso che faceva la Bestia e fu presa da un tremito di paura:
"Bella", le disse il mostro, "siete contenta che io stia a vedervi mentre cenate?".
"Non siete voi il padrone?", rispose la Bella, tremando.
"No", replicò la Bestia, "qui non c'è altri padroni che voi; se vi sono importuno, non dovete far altro che dirmelo e me ne anderò subito. Ditemi una cosa: non è vero che io vi sembro molto brutto?"
"È vero, sì", rispose Bella, "perché io non sono avvezza di dire una cosa per un'altra; peraltro vi credo buonissimo di cuore."
"Avete ragione", disse il mostro, "ma oltre all'essere brutto io non ho punto spirito, e so benissimo d'essere una Bestia."
"Non è mai una Bestia", rispose Bella, "colui che crede di non avere spirito. Gl'imbecilli non arriveranno mai a capire questa cosa."
"Su dunque, mangiate, Bella", le disse il mostro, "e cercate tutti i mezzi per non annoiarvi nella vostra casa: perché tutto quello che vedete qui, è roba vostra: e io sarei mortificato se non vi sapessi contenta."
"Voi avete molta bontà per me", disse la Bella, "e sono contentissima del vostro cuore: quando ci penso non mi sembrate nemmeno tanto brutto."
"Oh! per questo", rispose la Bestia, "il cuore è buono: ma io sono un mostro!"
"Conosco degli uomini che sono più mostri di voi", disse Bella, "e quanto a me, mi piacete più voi con codesta vostra figura, di tant'altri che, sotto l'aspetto d'uomo, nascondono un cuore falso, corrotto e sconoscente."
"Se avessi un po' di spirito", disse la Bestia, "farei un complimento per ringraziarvi: ma io sono uno stupido; e tutto quel che posso dirvi è che vi sono obbligato."
La Bella cenò di buon appetito. Essa non aveva quasi più paura del mostro; ma fu lì lì per morire di spavento, quando egli le disse: "Bella, volete esser mia moglie?".
Ella stette un po' di tempo senza rispondere: aveva paura di svegliare la collera del mostro con un rifiuto; a ogni modo disse con voce tremante:
"No, Bestia".
A questa risposta il povero mostro volle mandar fuori un sospiro e gli venne fatto un sibilo così spaventoso, che ne rintronò tutto il palazzo.
Ma la Bella fu presto rassicurata, perché la Bestia, dopo averle detto "addio, dunque, Bella", uscì dalla camera voltandosi indietro tre o quattro volte per poterla ancora vedere.
Quando la Bella fu sola cominciò a sentire una gran compassione per la povera Bestia, e diceva: "Che peccato che sia così brutta, mentre sarebbe tanto buona!"
La Bella, per tre mesi, menò in questo palazzo una vita abbastanza tranquilla. Tutte le sere la Bestia andava a farle visita, e durante la cena si tratteneva con lei, facendo mostra di molto buon senso, ma giammai di ciò che si chiama spirito fra le persone del mondo galante. Ogni giorno che passava, la Bella scopriva nuovi pregi nel mostro. A furia di vederlo, aveva fatto l'occhio alle sue bruttezze, e invece di temere il momento della sua visita, ella guardava spesso l'orologio per vedere quanto mancava alle nove, perché la Bestia a quell'ora era sempre precisa.
Una sola cosa metteva di mal umore la Bella; ed era che tutte le sere, avanti di andare a letto, il mostro le domandava se voleva essere sua moglie, e rimaneva mortificatissimo quand'essa rispondeva di no.
Ella disse un giorno: "Voi mi fate una gran pena, Bestia; vorrei potervi sposare, ma sono troppo sincera per darvi a sperare una cosa che non sarà mai. Io sarò sempre vostra buon'amica. Contentatevi di questo".
"Per forza!" rispose la Bestia. "Io son giusto. Io so che sono orrendo: ma vi voglio un gran bene. A ogni modo, io mi chiamo abbastanza fortunato se vi adattate a restar qui: promettetemi che non mi lascerete mai."
La Bella a queste parole fece il viso rosso. Ella aveva visto nello specchio che suo padre era malato dal dolore di averla perduta, e desiderava rivederlo.
"Io potrei benissimo promettervi" diss'ella alla Bestia "di non lasciarvi più per sempre; ma mi struggo tanto di rivedere il padre mio, che morirei di crepacuore se mi rifiutaste questo piacere."
"Vorrei piuttosto morire", disse il mostro, "che darvi un dispiacere; io vi manderò da vostro padre: voi resterete con lui e la vostra Bestia morirà di dolore."
"No", rispose la Bella piangendo, "io vi voglio troppo bene per essere cagione della vostra morte. Vi prometto di ritornare fra otto giorni. Mi avete fatto vedere che le mie sorelle sono maritate e che i miei fratelli sono partiti per l'armata. Il mio povero padre è rimasto solo; lasciatemi almeno una settimana con lui."
"Domattina ci sarete", disse la Bestia, "ricordatevi delle vostre promesse. Quando vorrete tornare, non dovete far altro che posare il vostro anello sopra la tavola nell'andare a letto. Addio, Bella."
La Bestia, mentre parlava così, sospirò secondo il suo uso solito, e la Bella andò a letto, tutta dispiacente di avergli dato questo dolore.
Quando si svegliò la mattina dopo, si trovò in casa di suo padre; e avendo suonato il campanello accanto al letto, vide venire la serva, la quale cacciò un grand'urlo di sorpresa.
Il buon uomo di suo padre, a quell'urlo, corse subito, e nel rivederla, ci mancò poco non morisse dalla contentezza: e stettero abbracciati per più di un quarto d'ora.
Sfogate le prime tenerezze, la Bella pensò che non aveva vestiti per potersi levare, ma la serva le disse di aver trovato nella stanza accanto un gran baule pieno di vestiti, tutti d'oro e ornati di brillanti.
La Bella ringraziò la buona Bestia delle sue attenzioni: scelse fra quei vestiti il meno vistoso e ordinò alla serva di riporre gli altri, dei quali intendeva farne un regalo alle sorelle: ma appena ell'ebbe pronunziate queste parole, il baule sparì. Peraltro suo padre avendole detto che la Bestia voleva che ella serbasse per sé ogni cosa, il baule ritornò al suo posto.
La Bella si vestì, e in questo mentre furono avvertite le sue sorelle, le quali corsero subito insieme ai cari mariti. Tutte e due avevano combinato molto male! La maggiore aveva sposato un gentiluomo, bello come un amore, ma tanto innamorato di sé, che dalla mattina alla sera non faceva altro che guardarsi allo specchio, senza curarsi né punto né poco della bellezza della moglie.
La seconda aveva sposato un uomo che aveva molto spirito, ma se ne serviva soltanto per essere la disperazione di tutte le donne, cominciando da sua moglie.
Le sorelle di Bella quando la videro vestita come una Regina e bella come un occhio di sole, se non creparono dalla rabbia, fu un miracolo.
Ella ebbe un bell'accarezzarle; nulla poté ammansire la loro gelosia; la quale anzi si accrebbe a cento doppi, quando raccontò quanto era felice.
La due invidiose scesero in giardino per potersi sfogare a piangere, e dicevano:
"O perché quella ragazzuccia è più fortunata di noi? Non siamo forse più graziose e più belle di lei?".
"Cara sorella", disse la maggiore, "mi viene un'idea: facciamo di tutto per trattenerla qui per più di otto giorni; la sua stupida Bestia anderà sulle furie per la parola non mantenuta e forse la divorerà per castigarla."
"Dici bene, sorella", rispose l'altra, "ma perché la cosa riesca, bisogna cercare di ammaliarla con molte moine."
Preso questo partito, risalirono in casa tutt'e due e cominciarono a fare tante e poi tante garbatezze alla sorella, che questa ne pianse di consolazione.
Passati che furono gli otto giorni, le due sorelle si strapparono i capelli e diedero segni di disperazione per la partenza di lei, che ella finì col promettere di trattenersi altri otto giorni.
Intanto la Bella rimproverava a se stessa il dolore che stava per dare alla sua povera Bestia, che essa amava davvero e che ora era dispiacente di non poterla vedere. La decima notte che ella passò in casa del padre, sognò di trovarsi nel palazzo e di vedere la Bestia distesa sull'erba, vicina a morire, e che le rinfacciava la sua ingratitudine.
Bella si destò tutt'a un tratto e pianse: "Non son io molto cattiva" essa diceva "di dare questo dispiacere a una Bestia, che è stata tanto buona con me? È colpa sua se è così brutta e se ha poco spirito? Ella è buona: e questo val più d'ogni cosa. Perché non ho io voluto sposarlo? Io sarei più felice con lui che le mie sorelle coi loro mariti. Non è la bellezza né lo spirito di un marito che rendono felice una donna; ma la bontà del carattere, la virtù e le buone maniere: e la Bestia ha tutte queste belle cose. Io non sento amore per essa ma la stimo, e ho per lei amicizia e riconoscenza. Ma non debbo renderla disgraziata: questa ingratitudine sarebbe per me un rimorso per tutta la vita".
Dette queste parole, la Bella si leva, mette l'anello sulla tavola e ritorna a letto. Appena coricata si addormentò e, svegliandosi la mattina, vide con gioia di essere nel palazzo della Bestia.
Si mise i vestiti più belli per andarle a genio anche di più, e s'annoiò mortalmente nella smania di aspettare che arrivassero le nove ore di sera: ma l'orologio ebbe un bel suonare le nove: la Bestia non comparve.
La Bella allora temé di averle cagionato la morte: e disperata si dette a girare per tutto il palazzo, mandando altissimi pianti.
Dopo aver cercato dappertutto, si ricordò del sogno e corse in giardino, vicino al fiume, dove dormendo, l'aveva veduta.
E difatti fu lì che trovò la povera Bestia distesa per terra priva di sensi: talché la credette morta. Senza provar ribrezzo di quella brutta figura, si gettò tutta sopra lei, e avendo sentito che il cuore batteva sempre, prese dal fiume un po' d'acqua e le bagnò la testa.
La Bestia aprì gli occhi e disse alla Bella: "Voi avete dimenticata la vostra promessa: e il gran dolore di avervi perduta mi ha fatto decidere a lasciarmi morir di fame: ma ora muoio contenta, perché ho avuto la consolazione di potervi rivedere".
"No, mia cara Bestia, voi non morirete", le disse la Bella, "voi vivrete per diventare mio sposo: da questo momento io vi do la mia mano, e giuro che non sarò d'altri che di voi. Ohimè! io credeva di non aver per voi che dell'amicizia, ma il dolore che sento mi fa credere che non potrei più vivere senza vedervi."
Appena la Bella ebbe pronunziato queste parole, ecco che tutto il castello appare risplendente di lumi: i fuochi di artifizio, la musica, ogni cosa annunziava una gran festa. Ma queste meraviglie non incantarono punto i suoi occhi: ella si voltò verso la sua cara Bestia, il cui pericolo la teneva in tanta agitazione. E quale fu il suo stupore! La Bestia era sparita, ed essa non vide ai suoi piedi che un Principe bello come un amore, il quale la ringraziava per aver rotto il suo incantesimo.  Sebbene questo Principe meritasse tutte le sue premure, ella non poté stare dal chiedergli dove fosse la Bestia.
"Eccola ai vostri piedi", le disse il Principe, "una fata maligna mi aveva condannato a restare sotto quell'aspetto finché una bella fanciulla non avesse acconsentito a sposarmi, e mi aveva per di più proibito di far mostra di spirito. Così in tutto il mondo non ci voleva che voi, per lasciarsi innamorare dalla bontà del mio carattere: ed offrendovi la mia corona, non posso sdebitarmi del gran bene che mi avete fatto."
La Bella, piacevolmente sorpresa, porse la mano al bel Principe perché si rialzasse in piedi. E andarono insieme al castello, dov'essa ci mancò poco non si sentisse svenire dalla gioia, trovando nella gran sala il padre suo e tutta la sua famiglia, trasportata al castello da quella bella Signora che le era apparsa in sogno.
"Bella", le disse questa Signora, che era una fata e di quelle coi fiocchi, "venite a ricevere la ricompensa della vostra buona scelta: voi avete preferito la virtù alla bellezza e allo spirito, e meritate per questo di trovare tutte quelle cose raccolte in una sola persona. Voi state per diventare una gran Regina: ma spero che il trono non vi farà scordare le vostre virtù. Quanto a voi, mie care signore" disse la fata alle due sorelle della Bella "conosco il vostro cuore e tutta la cattiveria che c'è dentro: diventerete due statue; ma nondimeno serberete il lume della ragione sotto la vostra forma di pietra. Starete alla porta del palazzo di vostra sorella; e non vi impongo altra pena che quella di essere testimoni della sua felicità. Non potrete ritornare nello stato primiero, se non quando riconoscerete i vostri errori: ma ho una gran paura che dobbiate restare statue per sempre. Si può correggere l'orgoglio, le bizze, la gola, la pigrizia; ma la conversione di un cuore invidioso e cattivo è una specie di miracolo."
Nel dir così, diede un colpo di bacchetta, e tutti quelli che erano in quella sala, furono trasportati negli Stati del Principe.
I suoi sudditi lo rividero con gioia, ed esso sposò la Bella, che visse con lui lungamente e in una felicità perfetta, perché era fondata sulla virtù"


IL VIDEO

E come se questo post non fosse già abbastanza chilometrico, voglio riportarvi la canzone simbolo di tutto il film: La Bella e la Bestia, la scena del ballo ormai divenuta leggendaria!



E voi? Qual'è la vostra canzone preferita del film? ^^
Bene, ragazzi, direi che dopo questa possiamo salutarci-e scommetto che non vedevate l'ora ;)
Mi scuso tantissimo per il post chilometrico, credo di essermi fatta trascinare un po' dall'entusiasmo ^^" Però, qualora dovesse esservi piaciuto, se vi va, ditemi di quale cartone Disney vi farebbe piacere parlare nel prossimo post e provvederò immediatamente! ^^
Un bacione a tutti <3

Mandy

lunedì 8 aprile 2013

RECENSIONE DE "L'ULTIMA CANZONE"..


Bene bene bene..eccomi qui..allora..partiamo dal presupposto che io non leggo molto queste tipologie di libri..non so il perché..lo faccio da una vita e così ho continuato a fare.. forse perché sono..come dire..drammatici..e non mi piace versare lacrime in generale..figuratevi per un libro..
Ma..devo dire che questo le ha meritate tutte le lacrime che ho versato..
Allora..prima di tutto..voglio ringraziare una persona..ossia colui che mi ha quasi obbligato a leggerlo..(quasi..:P)..
Lo devo ringraziare perché se non gli avessi dato retta probabilmente non sarei qui a struggermi per questa fantastica storia..che vorrei tanto avesse un seguito..ma aimè..così non sarà..quindi mi dovrò accontentare di rileggerlo magari tra un po’..:D.. per questo (la persona interessata sa)..grazie..davvero..<3..
Detto questo..(dopo aver buttato via mezza pagina per questa piiiicola parentesi..direi che possiamo partire..:D..

Titolo: L’ultima canzone



Autore: Nicholas Sparks


Editore: Frassinelli



TRAMA:

 Veronica Miller, che tutti chiamano Ronnie, ha diciassette anni, vive a New York, frequenta i club più trendy della città ed è convinta di essere una ragazza indipendente. Fino a quando si ritrova a passare l'estate a Wilmington, nel North Carolina, con il padre Steve, ex insegnante di pianoforte e concertista, che ha abbandonato la famiglia ormai da tempo. È questa la ragione per cui Ronnie lo detesta, al punto da non voler più avere niente a che fare con lui. Sono passati tre anni dall'ultima volta che gli ha rivolto la parola e non avrebbe alcuna intenzione di ricominciare proprio adesso. Ma a organizzare la sua vita non è lei, non ancora. Sua madre ha preso una decisione irrevocabile: spedirla insieme al fratellino Jonah tra le braccia di quel padre quasi sconosciuto, che si è auto esiliato in uno sperduto paesino della costa orientale. Dove il massimo divertimento è pescare e fare surf. A Ronnie sembra di essere finita in un incubo, e ormai è convinta che quella sarà la peggiore estate della sua vita. Eppure... Eppure, Steve è sempre il padre che le ha insegnato ad amare la musica, e che ha scritto per lei le canzoni più belle. Eppure, conoscere Will, l'ultima persona da cui credeva di poter essere attratta, significa vedere il mondo con occhi nuovi. Con lui, Ronnie vive esperienze che a New York non aveva mai nemmeno immaginato, come sorvegliare per tutta la notte un nido di tartarughe marine e contemplare in silenzio il calare del sole sulla linea dell'orizzonte. Così, quasi senza rendersene conto, si ritrova perdutamente innamorata, per la prima volta nella sua vita. Una manciata di giorni, e quella breve estate diventa la più struggente delle stagioni. Indimenticabile, come il primo amore.

RECENSIONE:

 allora..come possiamo partire..insomma..che mi sia piaciuto è ovvio..io che leggo queste cose??..chiunque mi conosca anche solo un pochino farebbe una faccia molto sorpresa..ma comunque..questo libro mi ha dato parecchie emozioni..innanzitutto la protagonista, Ronnie..è molto simile a me..il suo modo di fare, durante i primi capitoli, non mi è piaciuto per niente..ma ripensandoci a posteriori, mi riconosco in lei, tutta quella voglia di essere indipendente, di voler fare di testa propria..ci sono passata insomma..
Steve, d’altro canto, inizialmente avrei voluto andare li e tirargli due ceffoni. Cavolo vedi cosa fa tua figlia no??..reagisci!!!..poi..poi ho capito che in fin dei conti ha fatto la cosa giusta..non svelo altro perché non vorrei spoilerare nulla..:P..
Jonah..è il personaggio più bello che io abbia mai letto..la sua semplicità e i suoi ragionamenti ti fanno venir voglia di abbracciarlo ogni secondo..lui è stato un punto pesante durante la confessione finale del padre..uno dei punti in cui le lacrime hanno avuto la meglio..
Per quanto riguarda il resto..devo dire che come storia mi è sembrata semplice, senza troppi fronzoli o stranezze; la naturalezza è il punto forte di questo romanzo credo..
La storia tra Will e Ronnie è..bellissima; (stavo per non andare a dormire per sapere come sarebbe andata a finire..:P)..probabilmente tutte le adolescenti vorrebbero averla (se poi è anche come viene descritto..tanto meglio..:P)..
Ecco..so che probabilmente è da melodrammatici..ma mi ha lasciato un vuoto che non provavo da tanto..al termine della lettura..e di solito è un bene..perchè significa che la storia mi ha decisamente colpita..:D

Quindi..il mio voto è decisamente una A!!..:D..

La versione cinematografica l’avevo vista qualche anno fa..e mi era piaciuto un sacco..ma devo dire che letto..è cento volte meglio..:D..

Attori e personaggi:
Miley Cyrus: Veronica "Ronnie" Miller
Greg Kinnear: Steve Miller
Liam Hemsworth: Will Blakelee
Bobby Coleman: Jonah Miller
Nick Lashaway: Marcus
Kate Vernon: Susan Blakelee
Nick Searcy: Tom Blakelee

La Colonna sonora del film comprende "When I Look At You" e "I Hope You Find It", cantate dalla stessa Miley Cyrus. La prima canzone presente nel trailer è l'intro di Your Illusion degli Hanson, tratta dall'album The Walk.

Ah..già..stavo per dimenticarmi il genio che ha creato il tutto..:D..




 Nicholas Sparks è nato in Nebraska nel 1965 e ha studiato alla University of Notre Dame. Ha scritto numerosi bestseller tradotti
in più di quaranta lingue. Dai suoi libri sono stati tratti film celebri
come Le parole che non ti ho detto, con Kevin Costner,
 I passi dell'amore, Le pagine della nostra vita
e Come un uragano. Per Frassinelli ha pubblicato anche, con il fratello Micah,
Tre settimane, un mondo, un'opera autobiografica.
 Vive con la moglie e i cinque figli nel North Carolina.
 Sempre ai vertici delle classifiche internazionali,
Sparks ha dimostrato di essere l'incontrastato maestro dei sentimenti e
 i suoi libri sono amati dai lettori di tutto il mondo.


Beh..che altro dire..come mi ha detto una persona..cambiare a volte fa bene..e devo dire che sia nel romanzo, sia per quanto mi riguarda..ha ragione da vendere..:D..
Direi che con questo ho concluso..a presto..


Polly..

SERIE IN SOSPESO #7: Numbers Trilogy

 
7° puntata di SERIE IN SOSPESO entriamo in una trilogia fantascientifica dove a far padrona sono i numeri della nostra morte impressa negli occhi, nessuno può scappare da essa piochè è inevitabile.
C'è una ragazza, un'adolescente, Jem che può vederli e ne ha paura.
Comprai questo libro parecchi anni fa ed avevo grandi aspettative che, nostante nel complesso non sia stato male, mi aveva delusa. Ripensandoci ora forse un'altra possibilità ce la darei volentieri se avessi i seguiti perciò faccio fatica a dare un 'opinione precisa ed è per questo  che attendevo l'uscita degli altri 2 volumi per avere una panoramica più ampia e completa.
Spider, come leggerete dalla trama, è un amico di Jem ed è davvero simpaticissimo un ottimo compare di viaggio! ;)
 
1° volume
(unico uscito)
 
  
cover originali
 
TITOLO: Numbers
TITOLO ORIGINALE: Numbers
USCITA: 2010
CASA EDITRICE: PiemmeFreeway
TRAMA:
E se qualcuno potesse vedere la data della tua morte? Fin da quando è nata, a Jem capita una cosa strana: intravvede una serie di otto numeri negli occhi delle persone. Anche in quelli della mamma, 10102001. Per anni non dà importanza alla cosa, pensa sia solo una fantasia di bambina… Quando però sua madre muore il 10-10-2001 capisce tutto: quei numeri corrispondono alla data di morte di chi le sta intorno. Da quel momento la sua vita cambia, non è più una ragazza come le altre, ora ha un terribile segreto. E isolarsi dagli altri sembra l’unica soluzione per nasconderlo. Solo Spider, un compagno di scuola, si rifiuta di lasciarla sola e per lui Jem comincia a provare qualcosa di più che semplice amicizia. Un pomeriggio decidono di fare un giro sulla ruota panoramica di Londra, ma quando Jem si rende conto che tutte le persone in fila possiedono la stessa data di morte, che è proprio quello stesso giorno, intuisce che sta per accadere qualcosa di terribile… Prende la mano di Spider e insieme a lui scappa, mentre una bomba esplode. Ora lei e Spider non possono far altro che nascondersi perché la polizia pensa che i terroristi del London Eye siano proprio loro.
 
RACHEL WARD:
 
 
Vive a Bath (UK) con la sua famiglia. Questo è il suo primo romanzo per YA ed è candidato al premio Waterstone. L’autrice sta già scrivendo il seguito.
 
NUMBERS TRILOGY:
1. Numbers
2.Numbers. Il Chaos
3.Numbers. Infinity
 
Allora?Vi ispira?L'avete letto?Fatemi sapere tutto quello che pensate!Che ne pensate delle cover?Quali preferite?
                                                                                        a presto,
                                                                                                      Marty