questo blog è per tutte quelle persone a cui piace sognare..ma non sognare e basta..no, noi sognamo in grande..sognamo quello che vorremmo ottenere nella vita..sognamo..tutto quello che volete sognare a noi sta bene..purchè sia in grande..*.*..
siamo 8 amici..con caratteri diversi, sogni diversi, modi di pensare diversi, ma le nostre passioni ci uniscono..e, da quello che ricordo, L'UNIONE FA LA FORZA!!..
buon divertimento a tutti..<3<3..
Se ti insultano, diventa come plastica
e lascia che tutto ti scivoli addosso, non contro e non vergognarti
di quello che sei, perché significherebbe perdere te stesso.
Se sei solo, lascia stare gli altri
perché lo saranno altrettanto prima o poi, tu prosegui per la tua
strada.
Se perdi un amico, ricordatene per i
momenti belli che avete passato insieme, non per quello che siete
diventati ora.
Se un giorno, ti dovesse crollare il
mondo sotto i piedi, non rassegnarti: prendi i cocci e ricostruiscilo
meglio di prima.
Se pensi che tutto vada male, ricordati
che qualcuno, anche solo un genitore, è lì con te....vedi sempre il
bicchiere mezzo pieno, perché sappi che fa più male quando poi lo
tiri dietro alla gente!
Perché in fondo...sognare comporta anche risvegliarsi poi in una realtà che si preferirebbe non accettare ed è lì, che devi portare tutte le cose belle imparate la notte.
Una mia piccola invenzione, in un periodo un po' no dove leggere e scrivere mi aiuta a svegliarmi la mattina con un sorriso al posto delle lacrime che vorrei versare...questo è il mio motto ormai: IL BICCHIERE DEV'ESSERE PIENO!
E quando ti annoi e non sai cosa fare, ti fai i fatti degli altri.
Ma prima racconti i tuoi.
Buonasera sognatori! Dopo questa inutile premessa andiamo dritti al punto. Cosa state leggendo? E cosa leggerete durante questa lunghissima (si spera) estate?
Io ho da poco finito Harry Potter e la camera dei segreti per la trentaquattresima volta, visto che dopo aver letto Il seggio vacante mi è venuto un attacco di nostalgia. La Rowling è DIO, CASO CHIUSO. Anyway, ora sto' leggendo contemporaneamente:
Nessuno dei tre mi sta' particolarmente prendendo, anzi, forse Città di Ossa mi sta' prendendo abbastanza anche se mentre leggo mi faccio mentalmente la lista delle cose non sense, e delle vaghe somiglianze a Harry Potter che ci trovo, e non sono poche.
Quest'estate ho intenzione di leggere qualche libro di Anne Rice visto che è considerata la Regina del gotico, poi leggerò L'aiuto di Kathryn Stockett, Il cavaliere d'inverno della Simmons, e uff una caterva di altri libri. Che estate impegnativa che avrò. Voglio anche cominciare a fare jogging la mattina presto, ammesso che riesca a buttarmi giù dal letto da solo, e prendere lezioni di chitarra visto che ne ho una e non la so suonare.
Ma pensando al presente, sarà meglio che metta la testa sui libri di scuola.
Quindi, e voi? Cosa sta leggendo ora e cosa leggerete in vacanza? E anche, cosa farete durante le vacanze?
A presto!
Micky.
Buonasera, e benvenuti al primo post- sento un coro di "finalmente" :P-sull'immersione nell'infanzia, dedicato ad uno degli intramontabili classici Disney e che rimarrà per sempre il mio preferito:
Penso ci siano diversi motivi che si possono attribuire alla mia preferenza per questo cartone: primo fa tutti, mi identifico molto in Belle, con la sua passione per la lettura, la capacità di immedesimarsi completamente nella storia e diventare lei stessa i personaggi. In secondo luogo, il messaggio chiave del film: saper guardare oltre le apparenze. E' un argomento che mi è sempre stato molto a cuore e chissà che non sia stato proprio questo capolavoro a suggerirmelo! Ultimo, ma non certo per importanza, la storia in sè. Diciamocelo: chi una volta nella vita non ha sognato di essere una principessa Disney, che fosse Belle o meno? Certo, un po' meno essere rapita da una bestia spaventosa, forse...ma in compenso ha ottenuto una colossale biblioteca ;)
Senza altri indugi, andiamo ad immergerci nella storia...
TITOLO ORIGINALE: Beauty and the Beast PAESE DI PRODUZIONE: USA ANNO: 1991 DURATA: 88 minuti (edizione originale) TRAMA: Una fata travestita da vecchia mendicante offre a un giovane principe una rosa rossa in cambio di un riparo per la notte. Quando lui la allontana maleducatamente per il suo brutto aspetto, lei lo punisce trasformandolo in un'orrenda bestia e tramutando i suoi servi in mobili e altri oggetti domestici. La fata dà alla Bestia uno specchio
magico che gli permetterà di vedere luoghi lontani, e la
rosa, che rimarrà fiorita fino al suo ventunesimo compleanno. Egli deve
amare ed essere amato a sua volta prima che tutti i petali cadano, o
rimarrà una Bestia per sempre. Belle è una giovane donna che vive in un villaggio con il padre Maurice, un bizzarro inventore. Belle
ama la lettura e sogna una vita avventurosa al di là del piccolo villaggio. La ragazza è perseguitata dall'eroe locale, Gaston
ma, trovandolo superficiale ed arrogante, non ha alcun interesse
per lui nonostante sia l'uomo più bello del paese, desiderato da tutte
le ragazze e considerato la perfezione da parte di tutti gli abitanti del villaggio. Un giorno, Maurice dedice di partire per una feria per mostrare la sua ultima invenzione, e lascia la casa in custiodia a Belle. Purtroppo, o per fortuna, si perde nei boschi e, inseguito dai lupi, si rifugia proprio nel macabro castello della Bestia, dove viene imprigionato. Venuta a conoscenza di quanto è successo, Belle decide di andare a salvarlo, offrendosi lei stessa come prigioniera in cambio del padre. Nonostante l'inizio non sia dei più facili, Belle e la Bestia presto cominciano a sviluppare qualcosa di più della semplice amicizia.
IPERSONAGGI:
Belle: una giovane donna amante dei libri, che si innamora della Bestia e trova l'umano di buon cuore
nascosto in lui.
La Bestia: un principe dal cuore freddo trasformato in una bestia come
punizione
per il suo egoismo e destinato, con l'aiuto di Belle, a ritrovare la sua
umanità e ritornare ad essere il bellissimo principe che era.
Gaston: un arrogante cacciatore, l'uomo più affascinante e perfetto del villaggio, che anela a sposare Belle nonostante questa lo disprezzi.
Lumière: il maitre del castello, trasformato dal sortilegio in un
candelabro. Tockins: l'efficiente maggiordomo del castello, sempre ligio al dovere e alle regole e profondamente fedele alla Bestia, benchè gli altri servitori non gli diano granchè credito, trasformato dal sortilegio in un orologio a pendolo.
Mrs. Bric: la governante del castello, che si affeziona moltissimo a Belle e l'unica che non ha timore di far
notare alla Bestia i suoi errori, trasformata dall'incantesimo in una teiera. Chicco: il figlio di Mrs. Bric, farà immediatamente amicizia con Belle e la riporterà al castello per fermare la brutale avanzata di Gaston, trasformato in una tazzina.
Maurice: il padre di Belle, un bizzarro inventore.
LE CANZONI
La Canzone di Belle (Belle)
La Canzone di Gaston (Gaston)
Stia con noi (Be our guest)
Uno sguardo d'amore (Something there)
Di nuovo umani (Human again)(presente solo nella nuova edizione)
La Bella e la Bestia (Beauty and the Beast)
Attacco al castello (The Mob song)
La Bella e la Bestia (reprise finale)
LA FIABA ORIGINALE
Sono una grandissima appassionata di fiabe- pur non avendo effettivamente mai letto un libro a proposito- ma curiosando su internet, ho trovato la fiaba originale da cui questo splendido capolavoro è ispirato e modificato.
L'autrice è Jeanne- Marie Leprince de Beaumont, scrittrice francese vissuta nel 1700, divenuta celebre per la pubblicazione di numerosi racconti per l'infanzia.
Di seguito, trovate la fiaba originale, data 1756 e tradotta da Carlo Collodi!
"C'era una volta un mercante che era ricco sfondato.
Aveva sei figliuoli, tre maschi e tre femmine; e siccome era un uomo che
sapeva il vivere del mondo, non risparmiò nulla per educarli e diede
loro ogni sorta di maestri. Le sue figlie erano bellissime: la minore
soprattutto era una maraviglia, e da piccola la chiamavano la bella
bambina, e di qui le rimase il soprannome di Bella, che fu poi cagione
di gran gelosia per le sue sorelle.
Questa figlia minore, oltr'essere la più bella, era anche la più buona delle altre.
Le due maggiori, perché erano ricche, avevano molto fumo; si davano
l'aria di grandi signore, e non gradivano la compagnia delle figlie
degli altri negozianti, ma se la dicevano soltanto col nobilume.
Andavano dappertutto: ai balli, alle commedie, alle passeggiate; e si
ridevano della sorella minore, perché spendeva una gran parte del suo
tempo nella lettura dei buoni libri.
E perché si sapeva che erano molto ricche, parecchi negozianti, di
quelli grossi davvero, le chiesero in mogli; ma la maggiore e la seconda
dissero chiaro e tondo che non si sarebbero mai maritate, se non fosse
capitato loro un Duca o a dir poco un Conte.
La Bella (oramai vi ho detto che questo era il nome), la Bella, dunque,
ringraziò con molta buona maniera coloro che volevano sposarla: e disse
che era troppo giovane e che voleva tener compagnia ancora per qualche
anno al suo genitore.
Quand'ecco che tutto a un tratto il mercante fece un gran fallimento e
non gli rimase altro che una piccola casa assai lontana dalla città.
Disse allora ai suoi figli, colle lacrime agli occhi, che bisognava
rassegnarsi e andare ad abitare in quella casetta dove, mettendosi tutti
a fare i contadini, avrebbero potuto campare e tirarsi avanti.
Le due ragazze più anziane risposero che non volevano saperne nulla di
lasciare la città, dov'avevano molti amanti, ai quali non sarebbe parso
vero di poterle sposare, anche senza un soldo di dote.
Ma le povere figliuole s'ingannavano all'ingrosso perché, quando furono
povere, tutti i loro amanti girarono largo. E siccome, a motivo della
loro superbia, non erano in generale ben vedute, cosi dicevano tutti:
"Non meritano compassione: è giusta che abbiano dovuto ripiegare le
corna; che vadano ora a fare le grandi signore dietro le pecore e i
montoni!".
Ma nel tempo stesso tutti dicevano: "Quanto alla Bella, ci rincresce
proprio della sua disgrazia: è una gran buona figliuola! è così alla
mano coi poveri, e tanto amorosa e gentile!".
Ci furono fra gli altri parecchi gentiluomini che la volevano sposare,
sebbene non avesse più un soldo di dote: ma essa disse che non sapeva
risolversi a lasciare il suo povero padre nella disgrazia, e che sarebbe
andata con lui fra i campi, per consolarlo e dargli una mano nelle
fatiche.
La povera Bella, da principio, era rimasta molto male dell'aver perduto
ogni ben di fortuna; ma poi si consolò col dire fra sé e sé:
"Quand'anche mi struggessi dal pianto, non varrebbe a farmi ricattare
quello che ho perso: dunque è meglio cercare di essere felici, anche
senza un centesimo in tasca".
Appena arrivati alla casa di campagna, il mercante e le sue tre figlie si dettero subito a lavorare i campi.
La Bella si alzava la mattina alle quattro, avanti giorno, e si dava il
pensiero di ripulir la casa e di preparare la colazione e il desinare
per la famiglia.
Sul primo ci pativa un poco, perché non era avvezza a strapazzarsi come una serva:
ma di lì in capo a due mesi si fece più robusta e, faticando tutto il giorno, acquistò una salute di ferro.
Quando aveva finite le sue faccende, si metteva a leggere o a suonare la spinetta: o anche canterellava e filava.
Le sue sorelle, invece, s'annoiavano da non averne idea: si levavano
alle dieci della mattina, girellavano tutto il giorno e trovavano una
specie di svago a rimpiangere i bei vestiti e la bella società di una
volta.
"Guarda un po'", dicevano fra loro, "come è stupida la nostra sorella
minore: e che caratteraccio triviale ! Essa è contenta come una pasqua
di trovarsi nella sua disgraziata condizione!..."
Ma il buon mercante non la pensava così. Egli sapeva che Bella aveva
molto più garbo delle sue sorelle a fare spicco in società: e ammirava
la virtù di questa giovinetta e segnatamente la sua rassegnazione;
perché bisogna sapere che le sue sorelle, non contente di buttare
addosso a lei tutte le faccende della casa, la punzecchiavano
continuamente con mille parole insolenti.
Era corso un anno dacché questa famiglia viveva lontana dalla città,
quando il mercante ebbe una lettera nella quale gli si diceva che un
bastimento, carico di mercanzie, di sua proprietà, era arrivato
felicemente!
Ci scattò poco che questa notizia non facesse dar la balta al cervello
alle due ragazze maggiori, le quali speravano così di poter lasciare la
campagna, dove morivano dalla noia: e quando videro il padre sul punto
di partire, lo pregarono che portasse loro dei vestiti, delle
mantelline, dei cappellini e altri gingilli di moda.
La Bella non gli chiese nulla, perché aveva già capito che tutto il
valsente delle merci arrivate non sarebbe bastato a contentare i
capricci delle sue sorelle.
"E tu non vuoi che ti compri nulla?", le disse suo padre.
"Poiché siete tanto buono da pensare a me", ella rispose, "fatemi il
piacere di portarmi una rosa: che in questi posti non ci fanno."
Non vuol dir già che alla Bella premesse la rosa: ma lo fece, per non
criticare col suo esempio la condotta delle sorelle; le quali avrebbero
detto che non chiedeva nulla, per farsi distinguere e dar nell'occhio.
Il buon uomo partì, ma appena giunto, ebbe a sostenere un processo a
causa delle sue mercanzie: e dopo mille seccature, se ne tornò indietro
più povero di prima.
Gli restavano da fare non più di trenta miglia per arrivare a casa, e
già si consolava nel pensiero di rivedere la sua famigliola; ma dovendo
traversare un gran bosco, si smarrì e perdé la strada.
La neve fioccava da far paura, e soffiava un vento così strapazzone, che
lo gettò per due volte giù da cavallo. Venuta la notte, egli cominciò a
credere di dover morire o di fame e di freddo, o divorato dai lupi, che
si sentivano urlare a poca distanza.
Quando a un tratto, nel voltar l'occhio verso il fondo di una lunga
sfilata d'alberi, vide una gran fiamma che pareva lontana lontana.
S'avviò da quella parte, e poté distinguere che quella luce usciva da un gran palazzo, che era tutto illuminato.
Il mercante ringraziò il cielo del soccorso mandatogli e si affrettò per
giungere a questo castello; ma rimase grandemente stupito di non
trovarci anima viva.
Il suo cavallo, che gli andava dietro, avendo visto una bella scuderia
aperta, entrò dentro; e trovatovi fieno e biada, il povero animale, che
moriva di fame, vi si buttò sopra con grandissima avidità.
Il mercante lo legò alla greppia: e s'avviò verso la casa, dove non
trovò nessuno. Ma entrato che fu in una gran sala, vi trovò un bel fuoco
acceso, una tavola apparecchiata e con molte pietanze: ma c'era una
posata sola.
Essendo bagnato fino al midollo dell'ossa, per la neve e la molt'acqua
che aveva preso, si avvicinò al fuoco per asciugarsi, dicendo fra sé:
"Il padrone di casa e i suoi domestici mi scuseranno della libertà che
mi prendo! Sono sicuro che staranno poco ad arrivare".
Aspetta, aspetta e nessuno veniva: finché suonarono le undici e ancora
non s'era visto alcuno. Allora non potendo più stare alle mosse, dalla
gran fame prese un pollastro e, tremando dalla paura, lo mangiò in due
bocconi.
Bevve anche qualche sorso di vino, e messo su un po' di coraggio, uscì
dalla sala e traversò molti quartieri splendidamente tappezzati e
ammobiliati. Alla fine trovò una camera dove c'era un buon letto: e
perché era mezzanotte suonata e si sentiva stanco morto, prese il
partito di chiuder l'uscio e di coricarsi.
La mattina dopo si svegliò verso le dieci: e figuratevi come rimase,
quando trovò un vestito molto decente nel posto dove aveva lasciato il
suo, che era tutto logoro e cascava a pezzi.
"Si vede bene", egli disse, "che in questo palazzo ci sta di casa qualche buona fata, che si è mossa a compassione di me."
Si affacciò alla finestra e non vide più un filo di neve, ma pergolati
di bellissimi fiori, che innamoravano soltanto a guardarli.
Ritornò nella gran sala, dove la sera avanti aveva cenato e vide una
piccola tavola, con sopra una chicchera e un vaso di cioccolata.
"Grazie tante", diss'egli a voce alta, "grazie tante, signora fata, della garbatezza di aver pensato alla mia colazione."
Il buon uomo, quand'ebbe preso la cioccolata, uscì per andare dal suo
cavallo; e passando sotto un pergolato di rose si ricordò che la Bella
gliene aveva chiesta una, e staccò un tralcio dove ce n'erano parecchie
bell'e sbocciate.
In quel punto stesso sentì un gran rumore e vide venirsi incontro una
bestia così spaventosa, che ci corse poco non cascasse svenuto:
"Voi siete molto ingrato", disse la Bestia con una voce da far
rabbrividire, "vi ho salvata la vita accogliendovi nel mio castello, e
in ricambio voi mi rubate le mie rose, che è per l'appunto la cosa che
io amo soprattutto in questo mondo. Per riparare al mal fatto non vi
resta altro che morire: vi do tempo un quarto d'ora per chiedere perdono
a Dio".
Il mercante si gettò in ginocchio e a mani giunte prese a dire alla Bestia:
"Monsignore, perdonatemi: non credevo davvero di offendervi a cogliere
una rosa per una delle mie figlie, che me l'aveva domandata".
"Non mi chiamo Monsignore", rispose il mostro, "ma Bestia. I complimenti
non fanno per me; io voglio che ognuno parli come la pensa: per cui non
vi mettete in capo d'intenerirmi colle vostre moine. Mi avete detto che
avete delle figliuole: ebbene, io potrò perdonarvi a patto che una di
codeste figliuole venga qui a morire volontariamente nel posto vostro.
Non una parola di più; partite, e caso le vostre figlie ricusassero di
morire per voi, giurate che dentro tre mesi ritornerete."
Quel pover'uomo non aveva punta intenzione di sacrificare alcuna delle
sue figlie al brutto mostro, ma pensò dentro di sé: "Non foss'altro avrò
almeno la consolazione di poterle abbracciare un'altra volta".
Fece giuro di tornare, e la Bestia gli disse che poteva partire a piacer
suo. "Ma non voglio", soggiunge, "che tu debba andartene colle mani
vuote. Ritorna nella camera dove hai dormito; ci troverai un gran baule
vuoto; ché io penserò a fartelo portare fino a casa."
Detto questo, la Bestia se ne andò, e il buon uomo disse fra sé e sé:
"Almeno, se ho da morire, potrò lasciare un boccon di pane a' miei
poveri ragazzi".
E tornò nella camera dove aveva dormito, e avendovi trovato delle monete
d'oro a corbellini, ne empì il baule, di cui gli aveva parlato la
Bestia: quindi lo chiuse, e ripreso il cavallo lasciato nella scuderia,
uscì dal palazzo con tanto malessere addosso, quanta era la gioia colla
quale vi era entrato. Il cavallo prese da sé uno dei viottoli della
foresta, e in poche ore il buon uomo arrivò alla sua casetta. I suoi
figli gli furono tutti d'intorno: ma invece di mostrarsi lieto alle loro
carezze, il mercante li guardava e gli cascavano i lacrimoni dagli
occhi. Egli aveva in mano il tralcio di rose, che portava a Bella: e nel
darglielo, disse: "Bella, pigliate queste rose: ma costeranno molto
care al vostro povero padre!".
E così raccontò alla famiglia il brutto caso che gli era capitato.
A quella storia le due sorelle maggiori si messero a berciare e dissero
mille cosacce a Bella, la quale non piangeva né punto né poco.
"Ecco le conseguenze", esse dicevano, "dell'orgoglio di questa monella:
perché anche lei non fece come noi e non chiese dei vestiti?
Nient'affatto! la signorina voleva distinguersi. E ora è lei la cagione
della morte di suo padre e non se ne fa né in qua né in là."
"Sarebbe inutile", soggiunse Bella, "e perché dovrei piangere la morte
di mio padre? Egli non morirà una volta che il mostro si contenta di
accettare in cambio una delle sue figlie; io voglio mettermi in balìa
del suo furore: e sono molto felice, perché così potrò avere la
contentezza di salvare il padre mio e di provargli il gran bene che gli
ho sempre voluto."
"No, sorella mia", le dissero i suoi tre fratelli, "tu non morirai: noi
anderemo a trovare il mostro, e periremo sotto i suoi colpi, se non
saremo buoni di ucciderlo."
"Non lo sperate, ragazzi miei", disse loro il mercante, "la potenza di
questa Bestia è così sterminata, che non c'è caso di poterla uccidere.
Mi fa una vera consolazione il buon cuore di Bella: ma non voglio
mandarla a morire. Io son vecchio; non mi resta che poco tempo da
vivere; così, male che vada, posso scorciarmi di qualche anno la vita;
cosa che non rimpiango punto, perché lo faccio per amor vostro, miei
cari figliuoli."
"Vi do la mia parola, padre mio", disse Bella, "che voi non anderete a
quel palazzo, senza di me: voi non mi potete impedire di seguirvi.
Sebbene giovane, io non sono molto attaccata alla vita, e preferisco
esser divorata da quel mostro, che morire dalla pena che mi farebbe la
vostra perdita."
Ebbero un bel dire, ma la Bella volle a ogni costo partire anche lei per
il palazzo del mostro; e alle sorelle non parve vero, perché si
rodevano di gelosia per le belle doti della sorella minore.
Il mercante era così stonato dal dolore di dover perdere la figlia, che
non gli passò per il capo neppure il baule che egli aveva riempito di
monete d'oro.
Ma appena fu in camera restò grandemente stupito di trovarlo al piè del
letto. Risolvette di non dir nulla in casa di essere diventato ricco,
per paura che le figlie si mettessero in testa di voler tornare in
città, mentre egli aveva fatto conto di voler morire in quella campagna.
Peraltro confidò il segreto a Bella, la quale gli raccontò come nel
tempo che era stato lontano, alcuni gentiluomini fossero venuti per casa
e come, fra questi, ve ne fossero due che amoreggiavano colle sue
sorelle. Si raccomandò al padre che le maritasse; perché essa era tanto
buona di cuore, che le amava tutte e due, e perdonava loro tutto il male
che le avevano fatto.
Quelle due cattive si strofinarono gli occhi colla cipolla per farsi
venire i lucciconi, al momento che Bella partì con suo padre: ma i
fratelli piangevano davvero: e anche il mercante. La sola che non
piangesse era Bella, la quale non voleva inciprignire il dolore di tutti
gli altri.
Il cavallo prese la via del palazzo, e sul far della sera cominciarono
di lontano a vederlo illuminato, tale e quale come la prima volta.
Il cavallo andò da sé solo nella scuderia: e il buon uomo entrò con sua
figlia nella gran sala, dove trovarono una gran tavola magnificamente
apparecchiata per due.
Il mercante non sapeva da che verso rifarsi per mangiare; ma la Bella,
sforzandosi di parer tranquilla, si messe a tavola e lo servì: poi
diceva dentro di sé:
"Capisco bene che la Bestia vuole ingrassarmi prima di far di me un boccone! me n'accorgo dalla maniera con cui mi tratta".
Quand'ebbero cenato, udirono un gran fracasso e il mercante, colle
lagrime agli occhi, disse addio alla sua povera figlia, perché sapeva
che la Bestia era lì lì per arrivare.
"Davvero che siete molto buona", disse la Bestia, "e io vi sono
riconoscentissimo. Buon uomo! domani partirete, e Dio vi guardi dal
tornare in questo luogo. Addio, Bella."
"Addio, Bestia", ella rispose.
E il mostro sparì.
"Oh ! figlia mia", disse il mercante abbracciandola e baciandola, "io
son mezzo morto dalla paura. Fai a modo mio; lasciami morir qui."
"No, padre mio", rispose la Bella con fermezza, "voi partirete domani
mattina, e mi abbandonerete all'aiuto del cielo. Il cielo forse avrà
compassione di me!..."
L'uno e l'altro andarono a letto, coll'idea che in tutta la notte non
sarebbero stati buoni a chiudere un occhio, ma invece, appena si furono
coricati nei loro letti, si addormentarono come ghiri. E la Bella vide
in sogno una Regina, la quale le disse:
"O Bella, io son contenta del vostro buon cuore. La nobile azione che
fate, dando la vita per quella di vostro padre, non rimarrà senza
premio".
Quando la Bella si svegliò, raccontò il sogno a suo padre, e sebbene
questa cosa lo rinfrancasse un poco, non bastò peraltro a trattenerlo
dal dare in grandissimi pianti, quando gli fu forza staccarsi dalla sua
figlia adorata.
Partito che fu, la Bella andò a sedersi nella gran sala; e anche essa
cominciò a piangere; ma essendo molto coraggiosa, si raccomandò a Dio e
fece conto di non darsi tanto alla disperazione per quel poco di tempo
che le restava ancora da vivere: perché ella credeva fermamente che la
Bestia sarebbe venuta a mangiarla nella serata.
Intanto, mentre aspettava, pensò bene di girare e di visitare il
castello, del quale non poteva starsi dall'ammirare le grandi bellezze.
E figuratevi se rimase a bocca aperta, quando vide una porta sulla quale c'era scritto: Quartiere della Bella.
Aprì in fretta e in furia questa porta e fu abbagliata dalle
magnificenze che vi erano dentro; ma ciò che maggiormente la colpì, fu
la vista di una gran biblioteca, di un clavicembalo e di molti quaderni
di musica.
"Si vede proprio che non vogliono che io mi annoi", disse fra sé e sé; quindi pensò:
"Se io dovessi albergare qui un giorno solamente, non mi avrebbero ammannito tutte queste belle cose".
Questo pensiero rianimò il suo coraggio. Ella aprì la biblioteca e vide
un libro sul quale era scritto a lettere d'oro: "Desiderate e comandate;
voi siete qui signora e padrona!..."
"Meschina me!", diss'ella, "io non ho altro desiderio che di vedere il
mio povero padre e di sapere che cos'è di lui in questo momento! "
Queste parole le aveva dette dentro di sé, ma quale non fu il suo
stupore, quando gettando gli occhi sopra uno specchio, vi mirò la sua
casa, e per l'appunto in quel momento in cui vi giungeva suo padre con
un viso da far pietà. Le sue sorelle gli andavano incontro; e malgrado
le smorfie che facevano per parere afflitte, mostravano sul viso e a
fior di pelle la contentezza provata per la perdita della loro sorella.
Dopo un minuto sparì ogni cosa, ma la Bella non poté far di meno di
pensare che la Bestia era molto compiacente, e che non aveva nulla da
temere da essa.
A mezzogiorno trovò la tavola bell'e apparecchiata: e durante il pranzo
udì un'eccellente musica, senza che potesse vedere alcuno.
La sera mentre stava per mettersi a tavola, sentì il fracasso che faceva la Bestia e fu presa da un tremito di paura:
"Bella", le disse il mostro, "siete contenta che io stia a vedervi mentre cenate?".
"Non siete voi il padrone?", rispose la Bella, tremando.
"No", replicò la Bestia, "qui non c'è altri padroni che voi; se vi sono
importuno, non dovete far altro che dirmelo e me ne anderò subito.
Ditemi una cosa: non è vero che io vi sembro molto brutto?"
"È vero, sì", rispose Bella, "perché io non sono avvezza di dire una cosa per un'altra; peraltro vi credo buonissimo di cuore."
"Avete ragione", disse il mostro, "ma oltre all'essere brutto io non ho punto spirito, e so benissimo d'essere una Bestia."
"Non è mai una Bestia", rispose Bella, "colui che crede di non avere
spirito. Gl'imbecilli non arriveranno mai a capire questa cosa."
"Su dunque, mangiate, Bella", le disse il mostro, "e cercate tutti i
mezzi per non annoiarvi nella vostra casa: perché tutto quello che
vedete qui, è roba vostra: e io sarei mortificato se non vi sapessi
contenta."
"Voi avete molta bontà per me", disse la Bella, "e sono contentissima
del vostro cuore: quando ci penso non mi sembrate nemmeno tanto brutto."
"Oh! per questo", rispose la Bestia, "il cuore è buono: ma io sono un mostro!"
"Conosco degli uomini che sono più mostri di voi", disse Bella, "e
quanto a me, mi piacete più voi con codesta vostra figura, di tant'altri
che, sotto l'aspetto d'uomo, nascondono un cuore falso, corrotto e
sconoscente."
"Se avessi un po' di spirito", disse la Bestia, "farei un complimento
per ringraziarvi: ma io sono uno stupido; e tutto quel che posso dirvi è
che vi sono obbligato."
La Bella cenò di buon appetito. Essa non aveva quasi più paura del
mostro; ma fu lì lì per morire di spavento, quando egli le disse:
"Bella, volete esser mia moglie?".
Ella stette un po' di tempo senza rispondere: aveva paura di svegliare
la collera del mostro con un rifiuto; a ogni modo disse con voce
tremante:
"No, Bestia".
A questa risposta il povero mostro volle mandar fuori un sospiro e gli
venne fatto un sibilo così spaventoso, che ne rintronò tutto il palazzo.
Ma la Bella fu presto rassicurata, perché la Bestia, dopo averle detto
"addio, dunque, Bella", uscì dalla camera voltandosi indietro tre o
quattro volte per poterla ancora vedere.
Quando la Bella fu sola cominciò a sentire una gran compassione per la
povera Bestia, e diceva: "Che peccato che sia così brutta, mentre
sarebbe tanto buona!"
La Bella, per tre mesi, menò in questo palazzo una vita abbastanza
tranquilla.
Tutte le sere la Bestia andava a farle visita, e durante la cena si
tratteneva con lei, facendo mostra di molto buon senso, ma giammai di
ciò che si chiama spirito fra le persone del mondo galante. Ogni giorno
che passava, la Bella scopriva nuovi pregi nel mostro. A furia di
vederlo, aveva fatto l'occhio alle sue bruttezze, e invece di temere il
momento della sua visita, ella guardava spesso l'orologio per vedere
quanto mancava alle nove, perché la Bestia a quell'ora era sempre
precisa.
Una sola cosa metteva di mal umore la Bella; ed era che tutte le sere,
avanti di andare a letto, il mostro le domandava se voleva essere sua
moglie, e rimaneva mortificatissimo quand'essa rispondeva di no.
Ella disse un giorno: "Voi mi fate una gran pena, Bestia; vorrei potervi
sposare, ma sono troppo sincera per darvi a sperare una cosa che non
sarà mai. Io sarò sempre vostra buon'amica. Contentatevi di questo".
"Per forza!" rispose la Bestia. "Io son giusto. Io so che sono orrendo:
ma vi voglio un gran bene. A ogni modo, io mi chiamo abbastanza
fortunato se vi adattate a restar qui: promettetemi che non mi lascerete
mai."
La Bella a queste parole fece il viso rosso. Ella aveva visto nello
specchio che suo padre era malato dal dolore di averla perduta, e
desiderava rivederlo.
"Io potrei benissimo promettervi" diss'ella alla Bestia "di non
lasciarvi più per sempre; ma mi struggo tanto di rivedere il padre mio,
che morirei di crepacuore se mi rifiutaste questo piacere."
"Vorrei piuttosto morire", disse il mostro, "che darvi un dispiacere; io
vi manderò da vostro padre: voi resterete con lui e la vostra Bestia
morirà di dolore."
"No", rispose la Bella piangendo, "io vi voglio troppo bene per essere
cagione della vostra morte. Vi prometto di ritornare fra otto giorni. Mi
avete fatto vedere che le mie sorelle sono maritate e che i miei
fratelli sono partiti per l'armata. Il mio povero padre è rimasto solo;
lasciatemi almeno una settimana con lui."
"Domattina ci sarete", disse la Bestia, "ricordatevi delle vostre
promesse. Quando vorrete tornare, non dovete far altro che posare il
vostro anello sopra la tavola nell'andare a letto. Addio, Bella."
La Bestia, mentre parlava così, sospirò secondo il suo uso solito, e la
Bella andò a letto, tutta dispiacente di avergli dato questo dolore.
Quando si svegliò la mattina dopo, si trovò in casa di suo padre; e
avendo suonato il campanello accanto al letto, vide venire la serva, la
quale cacciò un grand'urlo di sorpresa.
Il buon uomo di suo padre, a quell'urlo, corse subito, e nel rivederla,
ci mancò poco non morisse dalla contentezza: e stettero abbracciati per
più di un quarto d'ora.
Sfogate le prime tenerezze, la Bella pensò che non aveva vestiti per
potersi levare, ma la serva le disse di aver trovato nella stanza
accanto un gran baule pieno di vestiti, tutti d'oro e ornati di
brillanti.
La Bella ringraziò la buona Bestia delle sue attenzioni: scelse fra quei
vestiti il meno vistoso e ordinò alla serva di riporre gli altri, dei
quali intendeva farne un regalo alle sorelle: ma appena ell'ebbe
pronunziate queste parole, il baule sparì. Peraltro suo padre avendole
detto che la Bestia voleva che ella serbasse per sé ogni cosa, il baule
ritornò al suo posto.
La Bella si vestì, e in questo mentre furono avvertite le sue sorelle,
le quali corsero subito insieme ai cari mariti. Tutte e due avevano
combinato molto male! La maggiore aveva sposato un gentiluomo, bello
come un amore, ma tanto innamorato di sé, che dalla mattina alla sera
non faceva altro che guardarsi allo specchio, senza curarsi né punto né
poco della bellezza della moglie.
La seconda aveva sposato un uomo che aveva molto spirito, ma se ne
serviva soltanto per essere la disperazione di tutte le donne,
cominciando da sua moglie.
Le sorelle di Bella quando la videro vestita come una Regina e bella
come un occhio di sole, se non creparono dalla rabbia, fu un miracolo.
Ella ebbe un bell'accarezzarle; nulla poté ammansire la loro gelosia; la
quale anzi si accrebbe a cento doppi, quando raccontò quanto era
felice.
La due invidiose scesero in giardino per potersi sfogare a piangere, e dicevano:
"O perché quella ragazzuccia è più fortunata di noi? Non siamo forse più graziose e più belle di lei?".
"Cara sorella", disse la maggiore, "mi viene un'idea: facciamo di tutto
per trattenerla qui per più di otto giorni; la sua stupida Bestia anderà
sulle furie per la parola non mantenuta e forse la divorerà per
castigarla."
"Dici bene, sorella", rispose l'altra, "ma perché la cosa riesca, bisogna cercare di ammaliarla con molte moine."
Preso questo partito, risalirono in casa tutt'e due e cominciarono a
fare tante e poi tante garbatezze alla sorella, che questa ne pianse di
consolazione.
Passati che furono gli otto giorni, le due sorelle si strapparono i
capelli e diedero segni di disperazione per la partenza di lei, che ella
finì col promettere di trattenersi altri otto giorni.
Intanto la Bella rimproverava a se stessa il dolore che stava per dare
alla sua povera Bestia, che essa amava davvero e che ora era dispiacente
di non poterla vedere. La decima notte che ella passò in casa del
padre, sognò di trovarsi nel palazzo e di vedere la Bestia distesa
sull'erba, vicina a morire, e che le rinfacciava la sua ingratitudine.
Bella si destò tutt'a un tratto e pianse: "Non son io molto cattiva"
essa diceva "di dare questo dispiacere a una Bestia, che è stata tanto
buona con me? È colpa sua se è così brutta e se ha poco spirito? Ella è
buona: e questo val più d'ogni cosa. Perché non ho io voluto sposarlo?
Io sarei più felice con lui che le mie sorelle coi loro mariti. Non è la
bellezza né lo spirito di un marito che rendono felice una donna; ma la
bontà del carattere, la virtù e le buone maniere: e la Bestia ha tutte
queste belle cose. Io non sento amore per essa ma la stimo, e ho per lei
amicizia e riconoscenza. Ma non debbo renderla disgraziata: questa
ingratitudine sarebbe per me un rimorso per tutta la vita".
Dette queste parole, la Bella si leva, mette l'anello sulla tavola e
ritorna a letto. Appena coricata si addormentò e, svegliandosi la
mattina, vide con gioia di essere nel palazzo della Bestia.
Si mise i vestiti più belli per andarle a genio anche di più, e s'annoiò
mortalmente nella smania di aspettare che arrivassero le nove ore di
sera: ma l'orologio ebbe un bel suonare le nove: la Bestia non comparve.
La Bella allora temé di averle cagionato la morte: e disperata si dette a
girare per tutto il palazzo, mandando altissimi pianti.
Dopo aver cercato dappertutto, si ricordò del sogno e corse in giardino, vicino al fiume, dove dormendo, l'aveva veduta.
E difatti fu lì che trovò la povera Bestia distesa per terra priva di
sensi: talché la credette morta. Senza provar ribrezzo di quella brutta
figura, si gettò tutta sopra lei, e avendo sentito che il cuore batteva
sempre, prese dal fiume un po' d'acqua e le bagnò la testa.
La Bestia aprì gli occhi e disse alla Bella: "Voi avete dimenticata la
vostra promessa: e il gran dolore di avervi perduta mi ha fatto decidere
a lasciarmi morir di fame: ma ora muoio contenta, perché ho avuto la
consolazione di potervi rivedere".
"No, mia cara Bestia, voi non morirete", le disse la Bella, "voi vivrete
per diventare mio sposo: da questo momento io vi do la mia mano, e
giuro che non sarò d'altri che di voi. Ohimè! io credeva di non aver per
voi che dell'amicizia, ma il dolore che sento mi fa credere che non
potrei più vivere senza vedervi."
Appena la Bella ebbe pronunziato queste parole, ecco che tutto il
castello appare risplendente di lumi: i fuochi di artifizio, la musica,
ogni cosa annunziava una gran festa. Ma queste meraviglie non
incantarono punto i suoi occhi: ella si voltò verso la sua cara Bestia,
il cui pericolo la teneva in tanta agitazione. E quale fu il suo
stupore! La Bestia era sparita, ed essa non vide ai suoi piedi che un
Principe bello come un amore, il quale la ringraziava per aver rotto il
suo incantesimo.
Sebbene questo Principe meritasse tutte le sue premure, ella non poté stare dal chiedergli dove fosse la Bestia.
"Eccola ai vostri piedi", le disse il Principe, "una fata maligna mi
aveva condannato a restare sotto quell'aspetto finché una bella
fanciulla non avesse acconsentito a sposarmi, e mi aveva per di più
proibito di far mostra di spirito. Così in tutto il mondo non ci voleva
che voi, per lasciarsi innamorare dalla bontà del mio carattere: ed
offrendovi la mia corona, non posso sdebitarmi del gran bene che mi
avete fatto."
La Bella, piacevolmente sorpresa, porse la mano al bel Principe perché
si rialzasse in piedi. E andarono insieme al castello, dov'essa ci mancò
poco non si sentisse svenire dalla gioia, trovando nella gran sala il
padre suo e tutta la sua famiglia, trasportata al castello da quella
bella Signora che le era apparsa in sogno.
"Bella", le disse questa Signora, che era una fata e di quelle coi
fiocchi, "venite a ricevere la ricompensa della vostra buona scelta: voi
avete preferito la virtù alla bellezza e allo spirito, e meritate per
questo di trovare tutte quelle cose raccolte in una sola persona. Voi
state per diventare una gran Regina: ma spero che il trono non vi farà
scordare le vostre virtù. Quanto a voi, mie care signore" disse la fata
alle due sorelle della Bella "conosco il vostro cuore e tutta la
cattiveria che c'è dentro: diventerete due statue; ma nondimeno
serberete il lume della ragione sotto la vostra forma di pietra. Starete
alla porta del palazzo di vostra sorella; e non vi impongo altra pena
che quella di essere testimoni della sua felicità. Non potrete ritornare
nello stato primiero, se non quando riconoscerete i vostri errori: ma
ho una gran paura che dobbiate restare statue per sempre.
Si può correggere l'orgoglio, le bizze, la gola, la pigrizia; ma la
conversione di un cuore invidioso e cattivo è una specie di miracolo."
Nel dir così, diede un colpo di bacchetta, e tutti quelli che erano in quella sala, furono trasportati negli Stati del Principe.
I suoi sudditi lo rividero con gioia, ed esso sposò la Bella, che visse
con lui lungamente e in una felicità perfetta, perché era fondata sulla
virtù"
IL VIDEO
E come se questo post non fosse già abbastanza chilometrico, voglio riportarvi la canzone simbolo di tutto il film: La Bella e la Bestia, la scena del ballo ormai divenuta leggendaria!
E voi? Qual'è la vostra canzone preferita del film? ^^
Bene, ragazzi, direi che dopo questa possiamo salutarci-e scommetto che non vedevate l'ora ;)
Mi scuso tantissimo per il post chilometrico, credo di essermi fatta trascinare un po' dall'entusiasmo ^^" Però, qualora dovesse esservi piaciuto, se vi va, ditemi di quale cartone Disney vi farebbe piacere parlare nel prossimo post e provvederò immediatamente! ^^
Un bacione a tutti <3
Bene bene bene..eccomi qui..allora..partiamo dal presupposto che io non
leggo molto queste tipologie di libri..non so il perché..lo faccio da una vita
e così ho continuato a fare.. forse perché sono..come dire..drammatici..e non
mi piace versare lacrime in generale..figuratevi per un libro..
Ma..devo dire che questo le ha meritate tutte le lacrime che ho
versato..
Allora..prima di tutto..voglio ringraziare una persona..ossia colui che
mi ha quasi obbligato a leggerlo..(quasi..:P)..
Lo devo ringraziare perché se non gli avessi dato retta probabilmente
non sarei qui a struggermi per questa fantastica storia..che vorrei tanto
avesse un seguito..ma aimè..così non sarà..quindi mi dovrò accontentare di
rileggerlo magari tra un po’..:D.. per questo (la persona interessata
sa)..grazie..davvero..<3..
Detto questo..(dopo aver buttato via mezza pagina per questa piiiicola
parentesi..direi che possiamo partire..:D..
Titolo: L’ultima canzone
Autore: Nicholas Sparks
Editore: Frassinelli
TRAMA:
Veronica Miller, che tutti
chiamano Ronnie, ha diciassette anni, vive a New York, frequenta i club più
trendy della città ed è convinta di essere una ragazza indipendente. Fino a
quando si ritrova a passare l'estate a Wilmington, nel North Carolina, con il
padre Steve, ex insegnante di pianoforte e concertista, che ha abbandonato la
famiglia ormai da tempo. È questa la ragione per cui Ronnie lo detesta, al
punto da non voler più avere niente a che fare con lui. Sono passati tre anni
dall'ultima volta che gli ha rivolto la parola e non avrebbe alcuna intenzione
di ricominciare proprio adesso. Ma a organizzare la sua vita non è lei, non
ancora. Sua madre ha preso una decisione irrevocabile: spedirla insieme al
fratellino Jonah tra le braccia di quel padre quasi sconosciuto, che si è auto esiliato
in uno sperduto paesino della costa orientale. Dove il massimo divertimento è
pescare e fare surf. A Ronnie sembra di essere finita in un incubo, e ormai è
convinta che quella sarà la peggiore estate della sua vita. Eppure... Eppure,
Steve è sempre il padre che le ha insegnato ad amare la musica, e che ha
scritto per lei le canzoni più belle. Eppure, conoscere Will, l'ultima persona
da cui credeva di poter essere attratta, significa vedere il mondo con occhi
nuovi. Con lui, Ronnie vive esperienze che a New York non aveva mai nemmeno
immaginato, come sorvegliare per tutta la notte un nido di tartarughe marine e
contemplare in silenzio il calare del sole sulla linea dell'orizzonte. Così,
quasi senza rendersene conto, si ritrova perdutamente innamorata, per la prima
volta nella sua vita. Una manciata di giorni, e quella breve estate diventa la
più struggente delle stagioni. Indimenticabile, come il primo amore.
RECENSIONE:
allora..come possiamo partire..insomma..che mi sia piaciuto
è ovvio..io che leggo queste cose??..chiunque mi conosca anche solo un pochino
farebbe una faccia molto sorpresa..ma comunque..questo libro mi ha dato parecchie
emozioni..innanzitutto la protagonista, Ronnie..è molto simile a me..il suo
modo di fare, durante i primi capitoli, non mi è piaciuto per niente..ma
ripensandoci a posteriori, mi riconosco in lei, tutta quella voglia di essere
indipendente, di voler fare di testa propria..ci sono passata insomma..
Steve, d’altro canto, inizialmente avrei voluto andare li e tirargli due
ceffoni. Cavolo vedi cosa fa tua figlia no??..reagisci!!!..poi..poi ho capito
che in fin dei conti ha fatto la cosa giusta..non svelo altro perché non vorrei
spoilerare nulla..:P..
Jonah..è il personaggio più bello che io abbia mai letto..la sua
semplicità e i suoi ragionamenti ti fanno venir voglia di abbracciarlo ogni
secondo..lui è stato un punto pesante durante la confessione finale del padre..uno
dei punti in cui le lacrime hanno avuto la meglio..
Per quanto riguarda il resto..devo dire che come storia mi è sembrata
semplice, senza troppi fronzoli o stranezze; la naturalezza è il punto forte di
questo romanzo credo..
La storia tra Will e Ronnie è..bellissima; (stavo per non andare a
dormire per sapere come sarebbe andata a finire..:P)..probabilmente tutte le
adolescenti vorrebbero averla (se poi è anche come viene descritto..tanto
meglio..:P)..
Ecco..so che probabilmente è da melodrammatici..ma mi ha lasciato un
vuoto che non provavo da tanto..al termine della lettura..e di solito è un
bene..perchè significa che la storia mi ha decisamente colpita..:D
Quindi..il mio voto è decisamente una A!!..:D..
La versione cinematografica l’avevo vista qualche anno fa..e mi era
piaciuto un sacco..ma devo dire che letto..è cento volte meglio..:D..
La Colonna sonora del film comprende "When I Look
At You" e "I Hope You Find It", cantate dalla stessa Miley
Cyrus. La prima canzone presente nel trailer è l'intro diYour Illusion degli Hanson, tratta dall'album The Walk.
Ah..già..stavo
per dimenticarmi il genio che ha creato il tutto..:D..
Nicholas Sparks è nato in Nebraska nel 1965
e ha studiato alla University of Notre Dame. Ha scritto numerosi bestseller
tradotti
in più di quaranta lingue. Dai suoi
libri sono stati tratti film celebri
come Le parole che non ti ho detto,
con Kevin Costner,
I passi dell'amore, Le pagine della nostra
vita
e Come un uragano. Per Frassinelli ha
pubblicato anche, con il fratello Micah,
Tre settimane, un mondo, un'opera
autobiografica.
Vive con la moglie e i cinque figli nel North
Carolina.
Sempre ai vertici delle classifiche
internazionali,
Sparks ha dimostrato di essere
l'incontrastato maestro dei sentimenti e
i suoi libri sono amati dai lettori di tutto
il mondo.
Beh..che altro dire..come mi ha detto una persona..cambiare a volte fa
bene..e devo dire che sia nel romanzo, sia per quanto mi riguarda..ha ragione
da vendere..:D..
7° puntata di SERIE IN SOSPESO entriamo in una trilogia fantascientifica dove a far padrona sono i numeri della nostra morte impressa negli occhi, nessuno può scappare da essa piochè è inevitabile.
C'è una ragazza, un'adolescente, Jem che può vederli e ne ha paura.
Comprai questo libro parecchi anni fa ed avevo grandi aspettative che, nostante nel complesso non sia stato male, mi aveva delusa. Ripensandoci ora forse un'altra possibilità ce la darei volentieri se avessi i seguiti perciò faccio fatica a dare un 'opinione precisa ed è per questo che attendevo l'uscita degli altri 2 volumi per avere una panoramica più ampia e completa.
Spider, come leggerete dalla trama, è un amico di Jem ed è davvero simpaticissimo un ottimo compare di viaggio! ;)
1° volume
(unico uscito)
cover originali
TITOLO: Numbers
TITOLO ORIGINALE: Numbers
USCITA: 2010
CASA EDITRICE: PiemmeFreeway
TRAMA:
E se qualcuno potesse vedere la data della tua morte? Fin da quando è nata, a
Jem capita una cosa strana: intravvede una serie di otto numeri negli occhi
delle persone. Anche in quelli della mamma,10102001. Per anni non dà importanza
alla cosa, pensa sia solo una fantasia di bambina… Quando però sua madre muore
il 10-10-2001 capisce tutto: quei numeri corrispondono alla data di morte di chi
le sta intorno. Da quel momento la sua vita cambia, non è più una ragazza come
le altre, ora ha un terribile segreto. E isolarsi dagli altri sembra l’unica
soluzione per nasconderlo. Solo Spider, un compagno di scuola, si rifiuta di
lasciarla sola e per lui Jem comincia a provare qualcosa di più che semplice
amicizia. Un pomeriggio decidono di fare un giro sulla ruota panoramica di
Londra, ma quando Jem si rende conto che tutte le persone in fila possiedono la
stessa data di morte, che è proprio quello stesso giorno, intuisce che sta per
accadere qualcosa di terribile… Prende la mano di Spider e insieme a lui scappa,
mentre una bomba esplode. Ora lei e Spider non possono far altro che nascondersi
perché la polizia pensa che i terroristi del London Eye siano proprio loro.
RACHEL WARD:
Vive a Bath (UK) con la
sua famiglia. Questo è il suo primo romanzo per YA ed è candidato al premio
Waterstone. L’autrice sta già scrivendo il seguito.
NUMBERS TRILOGY:
1. Numbers
2.Numbers. Il Chaos
3.Numbers. Infinity
Allora?Vi ispira?L'avete letto?Fatemi sapere tutto quello che pensate!Che ne pensate delle cover?Quali preferite?